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È giunto alla fase conclusiva l’iter di approvazione, da parte del Parlamento europeo e del Consiglio, delle disposizioni di revisione, mediante rifusione, della Direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico («Public Sector Information», da cui l’acronimo PSI). Già oggetto di aggiornamento nel 2013, la Direttiva PSI è stata varata dieci anni prima allo scopo di fissare regole minime armonizzate che gli enti pubblici nazionali devono applicare, al fine di consentire il riutilizzo dei documenti in loro possesso da parte delle persone fisiche o giuridiche che ne facciano richiesta per fini commerciali o non commerciali.

Sono state depositate il 30 aprile 2019 le conclusioni dell’Avvocato generale Szpunar nella causa C-390/18, relativa ad un rinvio pregiudiziale avente ad oggetto la qualificazione dei servizi prestati dalla piattaforma Airbnb come servizio della società dell’informazione, in applicazione dei criteri enunciati dalla Corte di giustizia nelle sentenze relative al caso Uber (sentenza 20 dicembre 2017, causa C-434/15 e sentenza 10 aprile 2018, causa C-320/16).

Con tali sentenze era stato affermato il principio secondo il quale un servizio come quello offerto dalla piattaforma Uber, non limitato a favorire i contatti tra le parti per la prestazione di servizi di trasporto offerti dagli utenti, ma esso stesso creativo di una nuova offerta di servizi di trasporto e caratterizzato da un controllo pervasivo delle condizioni di accesso e fornitura del servizio, non potesse essere qualificato come servizio della società dell’informazione, ma come forma di prestazione di un servizio di trasporto pubblico. In conseguenza di ciò, è stata esclusa l’applicazione alla piattaforma della disciplina relativa ai servizi della società dell’informazione (direttiva 2000/31/CE e direttiva 2015/1535/UE) ed il servizio è stato attratto entro l’ambito di applicazione delle norme in materia di servizi di trasporto.

Le conclusioni dell’Avvocato generale portano ad una lettura restrittiva dei criteri enunciati dalla Corte con tali sentenze, considerati meramente “indiziari” e non tassativi, a favore di una valutazione più sostanziale e complessiva del ruolo svolto dalla piattaforma e dei servizi accessori offerti alle parti.

Le conclusioni dell’Avvocato generale, se condivise dalla Corte, consentiranno di precisare meglio le condizioni per l’applicazione della direttiva sul commercio elettronico nei confronti delle piattaforme elettroniche. Tale questione appare rilevante anche in relazione all’applicabilità delle proposte di regolamento attualmente in discussione, come la proposta di regolamento per la trasparenza e la tutela degli utenti professionali nell’ambito dei servizi di intermediazione online. Tale proposta, nella sua formulazione attuale, definisce infatti i servizi di intermediazione online come una specie di servizio della società dell’informazione. Sicché, qualora il servizio reso dalla piattaforma non fosse qualificabile in questi termini, le sue disposizioni, poste a tutela degli operatori professionali, non sarebbero applicabili.

Dopo il successo delle passate edizioni, riparte il 15 maggio a Treviso il Master AEO di responsabile delle questioni doganali. II corso (della durata di 108 ore con esame finale) si rivolge a tutte le imprese, anche già certificate AEO, che intendano mantenere tale status, nel rispetto dei nuovi requisiti del CDU, o che abbiano in previsione di richiedere l'autorizzazione.

Si svolgerà presso il Palazzo del Bo a Padova il 9 maggio il convegno dedicato a L’impatto delle ICT sui processi decisionali delle Istituzioni pubbliche, il mercato e le relazioni sociali. Nelle due sessioni mattutina e pomeridiana, verranno affrontati i più recenti sviluppi in tema di digitalizzazione della PA ed innovazione data driven delle imprese.

Con la decisione nel caso Slewo (sentenza 27 marzo 2019, causa C-681/17, ECLI:EU:C:2019:255) la Corte di giustizia ha fornito alcuni chiarimenti in ordine all’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2011/81/UE che nei contratti di consumo conclusi a distanza (come nell’e-commerce) disciplinano l’esercizio del diritto di recesso ed i casi di esclusione. Più precisamente, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla nozione di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna.

La decisione presenta elementi di interesse, anche in relazione alle sue ripercussioni pratiche sul professionista.

È stato pubblicato il Piano Triennale 2019-2021 contenente le linee di azione per promuovere la trasformazione digitale del settore pubblico come leva di innovazione dell’intero Paese. Nel proseguire gli indirizzi contenuti nella versione 2017-2019, il Piano costituisce il documento di riferimento per le Amministrazioni centrali e locali nella realizzazione dell’agenda digitale nel triennio 2019-2021.

Il 7 marzo la Conferenza Stato-Regioni ha approvato lo schema di decreto ministeriale recante Linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica. Tra gli standard qualitativi previsti per gli operatori del settore, le Linee guida indicano l’utilizzo di sistemi di prenotazione delle visite preferibilmente informatici e la presenza di un sito o pagina web aziendale.

Lo scorso 28 febbraio sono state presentate alla Corte di giustizia dell’Unione europea le conclusioni dell’Avvocato generale Pitruzzella nella causa C-649/17 (Amazon EU), relativa all’interpretazione dell’art. 6, par. 1, lett. c) della direttiva 2011/83/UE (disposizione recepita nell’ordinamento italiano dall’art. 49 del Codice del consumo).

La questione riguarda essenzialmente l’interpretazione della direttiva, nella parte in cui stabilisce l’obbligo in capo al professionista di indicare al consumatore, prima della conclusione di un contratto negoziato fuori dei locali del professionista (e dunque anche nell’ambito del commercio elettronico) “l’indirizzo geografico dove il professionista è stabilito e il suo numero di telefono, di fax e l’indirizzo elettronico, ove disponibili, per consentire al consumatore di contattare rapidamente il professionista e comunicare efficacemente con lui” .

In particolare, la Corte è chiamata a pronunciarsi se la disposizione della direttiva citata obblighi il professionista a mettere sempre a disposizione del consumatore un recapito telefonico e un numero di fax oppure, anche se dispone di una linea telefonica, se sia libero di fornire al consumatore altri canali e strumenti di contatto quali, ad esempio, un servizio di chat o un sistema di richiamata telefonica.

Nell’ipotesi di uscita dall’Unione europea in assenza di un accordo (c.d. No-Deal Brexit), il Regno Unito diverrà a tutti gli effetti un Paese Terzo a decorrere dalle ore 00:00 CET del 30 marzo 2019. In previsione di tale scenario, il Comitato Europeo per la Protezione dei Dati (European Data Protection Board, EDPB) ha pubblicato le linee guida a cui devono attenersi i titolari ed i responsabili dei trattamenti che intendano trasferire dati personali nel Regno Unito in conformità al Regolamento (UE) 2016/679 GDPR.

Il 31 gennaio l’Autorité de la concurrence ha emesso un provvedimento cautelare nei confronti di Google per presunto abuso di posizione dominante nel mercato della pubblicità online. Il procedimento sorge dalla denuncia della società di digital advertising Amadeus, la quale si sarebbe vista sospendere improvvisamente la fornitura dei servizi Google Ads senza valide motivazioni. In ragione della posizione detenuta da Google nel mercato dell’online advertising (con una quota del 90% in Francia), l’interruzione della partnership ha determinato per Amadeus un calo del fatturato del 90% tra il 2017 e il 2018.

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