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Lo scorso 28 febbraio sono state presentate alla Corte di giustizia dell’Unione europea le conclusioni dell’Avvocato generale Pitruzzella nella causa C-649/17 (Amazon EU), relativa all’interpretazione dell’art. 6, par. 1, lett. c) della direttiva 2011/83/UE (disposizione recepita nell’ordinamento italiano dall’art. 49 del Codice del consumo).

La questione riguarda essenzialmente l’interpretazione della direttiva, nella parte in cui stabilisce l’obbligo in capo al professionista di indicare al consumatore, prima della conclusione di un contratto negoziato fuori dei locali del professionista (e dunque anche nell’ambito del commercio elettronico) “l’indirizzo geografico dove il professionista è stabilito e il suo numero di telefono, di fax e l’indirizzo elettronico, ove disponibili, per consentire al consumatore di contattare rapidamente il professionista e comunicare efficacemente con lui” .

In particolare, la Corte è chiamata a pronunciarsi se la disposizione della direttiva citata obblighi il professionista a mettere sempre a disposizione del consumatore un recapito telefonico e un numero di fax oppure, anche se dispone di una linea telefonica, se sia libero di fornire al consumatore altri canali e strumenti di contatto quali, ad esempio, un servizio di chat o un sistema di richiamata telefonica.

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On November 29th, the German Competition Authority launched an investigation against Amazon to examine its terms of business and practices towards sellers on its marketplace amazon.de. The proceeding will focus inter alia on the non-transparent termination and blocking of sellers’ accounts.

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Il 26 aprile la Commissione europea ha pubblicato una proposta di Regolamento (COM(2018) 238 final) in materia di trasparenza e correttezza nella fornitura dei servizi di intermediazione online (ad es. Amazon marketplace) e di ricerca online (es. Google search) forniti alle imprese/professionisti. Le nuove norme riguarderanno, dunque, le relazioni B2B e si applicheranno precisamente agli “online intermediation services e online search engines provided, or offered to be provided, to business users and corporate website users”.

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In esito all’indagine della Direction générale de la concurrence, de la consommation et de la répression des fraudes (DGCCRF) sui principali marketplace attivi in Francia, il Ministro dell’Economia Bruno Le Maire ha reso noto di aver promosso un’azione davanti al Tribunal de commerce di Parigi nei confronti di tre società del gruppo Amazon.

Oggetto di contestazione sono alcune clausole applicate da Amazon nei confronti delle imprese venditrici che si avvalgono del marketplace.

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L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha diffidato le società del Gruppo Amazon (Amazon Italia Logistica S.r.l. ed Amazon City Logistica S.r.l.) a regolarizzare la propria posizione, con riferimento al possesso dei titoli abilitativi necessari per lo svolgimento di attività qualificabili come servizi postali.

In base alle informazioni e dagli elementi acquisiti, l’Agcom ha rilevato che il servizio di recapito ai destinatari dei prodotti acquistati sul marketplace è qualificabile come servizio postale, in base alla normativa di settore (nazionale e dell’Unione europea).

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Con la sentenza Coty Germany del 6 dicembre 2017 (C-230/16), la Corte di Giustizia si è pronunciata  sui requisiti che i sistemi di distribuzione selettiva di prodotti di lusso devono soddisfare per non violare il divieto di intese anticoncorrenziali stabilito dall’art. 101 del TFUE (i.e. il divieto degli accordi fra imprese, delle decisioni di associazioni di imprese e di tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno).

La sentenze trae origine da una controversia avanti al Tribunale Superiore del Land di Francoforte sul Meno fra la società Coty Germany GmbH, fornitrice di prodotti cosmetici di lusso, e la Parfümerie Akzente GmbH, distributrice autorizzata che commercializzava detti prodotti sia nei propri punti vendita sia on line, avvalendosi della propria vetrina elettronica oppure della piattaforma “amazon.de”.

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Il 16 giugno Amazon ha annunciato che si accinge ad acquisire per 13,7 miliardi di dollari Whole Foods, la catena di supermercati US specializzata in prodotti organici e naturali. Grande l’eco suscitata a livello mondiale dalla notizia che, secondo i primi commentatori, riveste  un’importanza “epocale” in quanto segna la linea direttrice (apparentemente “paradossale”) del futuro sviluppo dell’e-commerce e del commercio retail più in generale.

La prima parola chiave per descrivere l’operazione sembra essere “integrazione: nel linguaggio corrente l’e-commerce viene spesso descritto (in chiave negativa) come una forza antagonista rispetto alla distribuzione tradizionale “soppiantata” dal nuovo commercio online; discostandosi da questo tipo di rappresentazione, l’operazione Amazon/Whole Foods consente di mettere in evidenza le potenzialità di sviluppo derivanti dall’integrazione del commercio online con quello tradizionale offline nell’ambito di una strategia di mercato innovativa ed, appunto, integrata.

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