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Venerdì, 27 Gennaio 2017 18:24

Le comunicazioni nell’area personale di un sito web possono integrare la nozione di “supporto durevole” ai fini della disciplina dei contratti di consumo

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Con la sentenza del 25 gennaio 2017 nella causa C‑375/15, BAWAG, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha precisato a quali condizioni le comunicazioni effettuate per il tramite di un servizio di messaggistica interna di un sito possono rientrare nella nozione di “supporto durevole” e costituire un mezzo di comunicazione valido per le comunicazioni tra professionista e consumatore.

La sentenza è stata pronunciata in un caso avente ad oggetto l’interpretazione dell’articolo 36, paragrafo 1, e dell’articolo 41, paragrafo 1, della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che impone l’obbligo, in capo al fornitore di servizi di pagamento, di fornire all’utente le informazioni e le condizioni di servizio “in formato cartaceo o su altro supporto durevole“. Il principio di diritto sembra però applicabile anche nell’interpretazioni di tutti quegli atti legislativi, relativi ad altre materie, che fanno riferimento alla nozione di “supporto durevole” o “mezzo durevole” (cfr. art. 2, n. 10) dir. 2011/83/UE) come ad esempio quelle che impongono al professionista l’obbligo di fornire al consumatore “su mezzo duraturo” la conferma d’ordine e tutte le informazioni previste dall’art. 49 del codice del consumo nei casi di conclusione di contratti a distanza (cfr. art. 51, co. 7 d.lgs. n. 206/2005).

Già in passato, la Corte di Giustizia aveva affrontato il tema, giudicando che la semplice comunicazione al consumatore di un collegamento ipertestuale ad una pagina del sito del professionista non poteva integrare la nozione di supporto duraturo: una simile forma di comunicazione non era infatti stata giudicata idonea a garantire al consumatore, analogamente a un supporto cartaceo, il possesso delle informazioni richieste, per consentirgli di far valere, all’occorrenza, i suoi diritti. Tale forma di comunicazione non era stata considerata idonea a garantire l’immodificabilità dell’informazione fornita, in quanto il professionista manteneva il pieno controllo del contenuto del proprio sito e delle pagine pubblicate (Sentenza 5 luglio 2012, C-49/11 Content Services Ltd).

A diverse conclusioni è tuttavia giunta la Corte di Giustizia nell’ipotesi in cui la comunicazione tra il professionista ed il consumatore avvenga, tramite il sito del professionista, con forme “avanzate”, non limitate alla mera comunicazione di un link ad una pagina internet contenente le informazioni previste dalla legge, ma attraverso un servizio di messaggistica interna.

La Corte ha ritenuto che in questa ipotesi, qualora le caratteristiche tecniche del sito escludano la possibilità di qualsiasi modifica unilaterale del suo contenuto da parte del prestatore di servizi di pagamento o da parte di altro professionista cui sia stata affidata la gestione del sito stesso, anche il sito internet può considerarsi un valido supporto duraturo.

La Corte di Giustizia ha inoltre precisato che, al fine di adempiere agli obblighi di informazione del consumatore attraverso tali sistemi, non è sufficiente che il professionista invii la propria comunicazione attraverso il sistema di messaggistica interna al proprio sito. Infatti, poiché la ratio delle disposizioni che impongono questi obblighi è quella di garantire al consumatore l’effettiva conoscenza delle informazioni, ed in considerazione del fatto che non si può ragionevolmente pretendere che gli utenti […] consultino regolarmente tutti i servizi di comunicazione elettronica cui essi abbiano aderito affinché la condotta del professionista possa essere considerata legittima è necessario che la trasmissione sia accompagnata da un comportamento attivo del prestatore stesso, destinato a portare a conoscenza dell’utente l’esistenza e la disponibilità di tali informazioni su detto sito. Tale condotta può realizzarsi, in particolare, mediante la trasmissione di una lettera o di un messaggio di posta elettronica all’indirizzo abitualmente utilizzato dall’utente di tali servizi per comunicare con altre persone.

Tale principio sembra valere soprattutto nelle ipotesi in cui (com’era nel caso deciso dalla Corte) le comunicazioni tra professionista e consumatore riguardino aspetti relativi non tanto alla conclusione del contratto, quanto alla sua successiva esecuzione (come ad esempio nel caso di comunicazione di variazione unilaterale delle condizioni generali di servizio).

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