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Giovedì, 05 Gennaio 2017 13:44

La Corte di giustizia si pronuncia sulla competenza giurisdizionale in materia di illeciti civili attraverso piattaforme di e-commerce

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La Corte di giustizia (sentenza 21 dicembre 2016 nella causa C-618/15, Concurrence sarl c. Samsung Electronics France SAS, e Amazon Services Europe Sàrl) è tornata a pronunciarsi sulla competenza giurisidizionale in materia di illeciti civili commessi attraverso piattaforme di e-commerce, in applicazione dei criteri di giurisdizione previsti dall’art. 5, punto 3) reg. CE 44/2001 (oggi articolo 7, punto 2 reg. UE 1215/2012), relativa alla competenza giurisdizionale nel caso di illeciti civili dolosi o colposi, che attribuisce la competenza giurisdizionale al giudice del luogo ove l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire[1].

In particolare, la corte di Giustizia ha affermato che “l’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 [oggi, articolo 7, punto 2], dev’essere interpretato, al fine di attribuire la competenza giurisdizionale conferita da tale disposizione a conoscere di un’azione risarcitoria promossa per violazione del divieto di vendita al di fuori di una rete di distribuzione selettiva risultante dall’offerta, su siti Internet operanti in diversi Stati membri, di prodotti che costituiscono oggetto di detta rete, nel senso che si deve considerare come luogo in cui il danno si è prodotto il territorio dello Stato membro che protegge detto divieto di vendita mediante l’azione in questione, territorio nel quale l’attore asserisce di aver sofferto una riduzione delle proprie vendite”.

La Corte di giustizia ha dunque ritenuto che, anche nel caso in cui una piattaforma di e-commerce diriga principalmente la propria attività verso determinati mercati, tale circostanza non è sufficiente ad escludere la competenza giurisdizionale dei giudici del Paese nel quale sia comunque possibile acquistare i prodotti offerti in rete dalla piattaforma, qualora tale circostanza sia (anche solo potenzialmente) produttiva di effetti dannosi.

Nel caso di specie, una società francese aveva convenuto dinanzi al giudice del proprio Paese le società gerenti alcune versioni nazionali della piattaforma di Amazon (Amazon.fr, Amazon.de, Amazon.co.uk, Amazon.es e Amazon.it), attraverso le quali erano offerti in vendita, anche in Francia, alcuni prodotti Samsung oggetto di un accordo di distribuzione selettiva che vietava la commercializzazione via internet di quei prodotti, al fine di ottenere un provvedimento che ordinasse il ritiro dalle piattaforme dei prodotti coperti dall’accordo, ed il risarcimento del danno subito, sulla base di norma nazionale che sanciva la corresponsabilità nella violazione dell’accordo di distribuzione di qualunque operatore professionale che, direttamente o indirettamente, vi avesse contribuito[2].

In primo grado, i giudici francesi avevano declinato la loro competenza giurisdizionale sulle domande promosse contro le società di Amazon stabilite al di fuori della Francia, sul presupposto che esse non rivolgevano principalmente la loro attività al mercato francese, sicché la circostanza che i consumatori francesi potessero potenzialmente acquistare tramite quei marketplace i prodotti Samsung coperti dall’accordo non costituiva una circostanza idonea a costituire una potenziale lesione in capo ai rivenditori francesi rilevante ai sensi dell’articolo 5, punto 3) del reg. CE 44/2001.

La Corte di giustizia ha smentito tale interpretazione della disposizione europea, evidenziando come, nel caso di specie, la violazione, tramite un sito Internet, delle condizioni di una rete di distribuzione selettiva, determinava la produzione di un evento dannoso in capo al distributore consistente nella riduzione del volume delle sue vendite in conseguenza di quelle realizzate in violazione delle condizioni della rete e nella perdita di profitto che ne deriva. Sicché, anche nel caso di attività di vendita svolta tramite un marketplace stabilito in uno Stato diverso da quello della rete, ma a quest’ultimo rivolte, l’evento dannoso si materializza in tale Stato per effetto delle singole vendite dirette verso quel Paese (o dell’offerta di beni oggetto del diritto di distribuzione selettiva), essendo irrilevante la circostanza che tali marketplace operino principalmente sul mercato di Paesi diversi.

Con la sentenza pronunciata nel caso Concurrence sarl ha dunque un ulteriore contributo all’adeguamento delle disposizioni del regolamento CE 44/2001 (oggi sostituito dal reg. UE 1215/2012), che adotta in molti casi criteri di giurisdizione tradizionali basati sul territorio anche alle controversie legate all’uso della rete, nelle quali molto spesso il rapporto tra la fattispecie ed il territorio è molto più evanescente.

Già in precedenza, la Corte di giustizia aveva affermato che il locus commissi delicti in questi casi non coincide con quello dove ha la propria sede il soggetto che gestisce il sito web (in quanto coinciderebbe con il forum rei) o dove sono fisicamente collocati i server che lo ospitano (che peraltro potrebbe essere replicato in data data center collocati in diversi Paesi del Mondo), né può essere individuato in ciascun luogo nel quale il sito è accessibile, poiché in questo caso si determinerebbe una “polverizzazione” della competenza giurisdizionale in ciascuno Stato del Mondo.

Nella sentenza eDate (sentenza 25 ottobre 2011, causa C-509/09, eDate Advertising GmbH), la Corte aveva fornito un’interpretazione dell’art. 5, punto 3) del reg. CE 44/2001 «nel senso che, in caso di asserita violazione dei diritti della personalità per mezzo di contenuti messi in rete, la persona che si ritiene lesa ha facoltà di esperire un’azione di risarcimento, per la totalità del danno cagionato, o dinanzi ai giudici dello Stato membro del luogo di stabilimento del soggetto che ha emesso tali contenuti o dinanzi ai giudici dello Stato membro in cui si trova il proprio centro di interessi».

 

[1] Si tratta di una disposizione che ha lo scopo di consentire alle parti che lamentino di aver subito un danno per effetto di una condotta qualificabile come illecito civile doloso o colposo di sottoporre la propria domanda al Giudice del luogo ove l’evento dannoso si è verificato, considerato il più idoneo a pronunciarsi in merito, segnatamente per motivi di prossimità rispetto alla controversia e di facilità nell’espletamento dell’istruttoria (v. sentenza del 10 settembre 2015, Holterman Ferho Exploitatie e a., C‑47/14, EU:C:2015:574, punto 75). Coerentemente con tale principio, la Corte ha più volte ribadito il principio secondo cui – nel caso in cui l’attore intenda avvalersi del criterio di giurisdizione alternativo previsto dalla disposizione in oggetto – la cognizione del giudice adito è limitata unicamente alla parte di danno prodottasi nel suo territorio, mentre la competenza a conoscere dell’intero danno spetta unicamente al giudice dello stato di residenza del convenuto (v. sentenze del 3 ottobre 2013, Pinckney, C‑170/12, EU:C:2013:635, punto 45, e del 22 gennaio 2015, Hejduk, C‑441/13, EU:C:2015:28, punto 36).

[2] Il rivenditore invocava la disposizione contenuta all’articolo L. 442-6, paragrafo 1, 6º, del code du commerce, che prevedeva quanto segue: «Fa sorgere la responsabilità del suo autore e lo obbliga a riparare il danno causato il fatto, commesso da un produttore, un commerciante, un industriale o una persona iscritta nel registro dell’artigianato:

(…) 6º di partecipare direttamente o indirettamente alla violazione del divieto di rivendere fuori rete imposto al distributore legato da un accordo di distribuzione selettiva o esclusiva esentato in base alle norme applicabili del diritto della concorrenza».

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