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Martedì, 14 Gennaio 2020 15:10

Il pacchetto europeo IVA e-commerce e la sua attuazione in Italia: il successo del regime “MOSS” dell’IVA e i futuri beneficiari

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  1. Il pacchetto IVA e-commerce

Il 5 dicembre 2017 il Consiglio ha adottato tre nuovi atti giuridici che compongono il cd. pacchetto Iva per l’e-commerce, con lo scopo di ridurre i costi di compliance fiscale delle vendite a distanza intracomunitarie di beni B2C e delle prestazioni di servizi cross-border B2C.

Il pacchetto, che comprende il Regolamento UE 2017/2454, la Direttiva UE 2017/2455 del Consiglio, e il regolamento di esecuzione UE 2017/2459, interviene sul regime VAT Mini One Stop Shop (cd. MOSS) per migliorarlo ed estenderne l’ambito di applicazione. Al fine di consentire agli operatori e alle autorità competenti di potersi adeguare all’evoluzione della disciplina, il legislatore comunitario ha contemplato l’introduzione progressiva delle nuove regole: alcune sono divenute applicabili dal 1° gennaio 2019 (si veda però il paragrafo dedicato al ritardo dell’Italia nell’attuazione della direttiva europea), altre lo saranno dal 1° gennaio 2021.

Secondo le statistiche pubblicate dalla DG TAXUD della Commissione europea nel mese di settembre 2019[1], il numero di operatori che si avvalgono del regime MOSS è in costante aumento, sebbene una lieve flessione si sia registrata alla fine del 2018, dovuta in parte alla previsione della soglia di 10.000 euro per le PMI, in altra parte alla circostanza che molte imprese commercializzano i propri prodotti attraverso piattaforme o marketplace, che si assumono le obbligazioni fiscali. L’importo IVA incamerato dagli Stati membri di identificazione in applicazione dell’Union scheme del regime MOSS è passato da 2,7 miliardi nel 2015 ad oltre 4 miliardi nel 2018. L’IVA incamerata dagli Stati membri di identificazione in applicazione del non Union scheme è aumentato da 300 milioni di euro nel 2015 a 450 milioni di euro nel 2018. In totale, l’IVA riscossa secondo il MOSS ha superato i 4 miliardi e mezzo nel 2018, in confronto ai 3 miliardi del 2015.

Dal 1° gennaio 2021, il Consiglio ha previsto che il regime MOSS nella sua versione Union scheme venga esteso alle prestazioni di tutti i servizi cross-border B2C, anche diversi dai servizi TBE, e altresì alle vendite a distanza intracomunitarie di beni che soddisfino determinate condizioni (i.e. le cessioni di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente).

L’ampliamento dell’ambito di applicazione del regime MOSS è contemplato anche per i fornitori di Paesi terzi: il non Union scheme sarà esteso alle prestazioni di tutti i servizi B2C transfrontalieri, anche diversi dai servizi TBE, purchè effettuate a favore di consumatori localizzati negli Stati membri dell’Unione.

Il Consiglio ha confermato la previsione di norme speciali per le PMI e microimprese. Infatti, se il valore totale delle prestazioni o vendite a distanza intracomunitarie di beni B2C verso uno Stato membro diverso da quello di stabilimento non supera - al netto di IVA - euro 10.000 né nell’anno corrente né in quello precedente, l’IVA è dovuta nello Stato membro del prestatore/fornitore (deroga al principio di destinazione) sicchè viene meno la stessa ragione giustificatrice del regime MOSS. I beneficiari della deroga possono comunque rinunciarvi, se preferiscono applicare le regole IVA degli Stati membri in cui sono localizzati i fornitori/committenti e aderire al MOSS.  In tal caso, l’opzione ha effetto per due anni.

Nei paragrafi che seguono si darà conto delle principali novità introdotte, auspicando che il legislatore europeo possa optare prima o poi per una consolidation della direttiva IVA e degli atti successivi che l’hanno modificata, che renda più agevole l’individuazione della disciplina IVA applicabile caso per caso.

  1. L’attuale regime MOSS e i dati del successo

Prima di ricordare cosa sia il regime MOSS, occorre premettere la ragione per la quale è stato introdotto.

Dal 1° gennaio 2015, ai sensi dell’art. 58, par. 1 della dir. IVA, il luogo di imposizione IVA delle prestazioni dei servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione e forniti per via elettronica (cd. servizi TBE) business to consumer (B2C) coincide con il luogo in cui il committente è stabilito, ha l’indirizzo permanente o la residenza abituale. Ciò in deroga al principio di origine contemplato dall’art. 45 Dir. IVA e recepito dall’art. 7-ter co. 1 lett. b del D.P.R. n. 633/1972, che continua ad operare con riferimento alle prestazioni di servizi effettuate ai privati con mezzi tradizionali.

Il sistema MOSS vigente è un regime opzionale che consente ai fornitori europei di servizi TBE che concludano operazioni con committenti non soggetti passivi (B2C) localizzati in Stati membri diversi da quello in cui sono stabiliti di

  1. a) identificarsi unicamente in uno Stato membro, che diventa il cd. Stato membro di identificazione (deve coincidere con quello della propria sede o stabile organizzazione);
  2. b) emettere fattura conformemente alle regole di tale Stato membro; e
  3. c) presentare una dichiarazione IVA trimestrale allo Stato membro di identificazione con l’indicazione dettagliata di tutte le prestazioni rese a favore dei consumatori di altri Stati membri e l’indicazione dell’IVA rispettivamente dovuta in ciascuno degli Stati membri di consumo.

In forza di tale regime, lo Stato membro di identificazione riscuote l’IVA per conto degli Stati membri di consumo e trasferisce a questi ultimi l’importo dovuto secondo la dichiarazione IVA presentata dal fornitore.

Il regime è attualmente previsto, con alcuni adattamenti, anche a favore dei fornitori di servizi TBE situati in Paesi terzi che concludano operazioni B2C con committenti localizzati negli Stati membri. Tali fornitori, anziché registrarsi ai fini IVA in tutti gli Stati membri in cui i propri consumatori sono situati, possono identificarsi in uno qualsiasi di essi, se aderiscono al regime MOSS. Si tratta del cd. non Union scheme.

Le statistiche pubblicate dalla Commissione europea dimostrano il successo del regime MOSS in quanto evidenziano che l’ammontare di IVA raccolta dagli Stati membri di identificazione è salito da 2,7 miliardi nel 2015 a 4,1 miliardi nel 2018.

È altresì emerso che i 5 top Member States of Identification (MSI) raccolgono quasi il 90% dell’IVA. Nel 2017 e nel 2018 è aumentato anche l’importo IVA ricevuto dagli Stati membri in qualità di Member States of Consumption (MSC): il trend di crescita ha interessato 27 Paesi su 28.  

 

  1. L’attuazione in Italia del pacchetto Iva e-commerce

Preme rilevare che l’Italia è in ritardo nell’attuazione della direttiva 2455/2017 avendo lasciato decorrere inutilmente il termine del 31 dicembre 2018. Sebbene risulti pendente la procedura di infrazione 2019_0055 della Commissione europea che il 10 ottobre 2019 ha pubblicato il proprio parere motivato, va dato atto che la legge di delegazione europea 4 ottobre 2019 n. 117 (Legge di delegazione europea 2018) ha delegato il Governo a recepire la direttiva (UE) 2017/2455 (si veda il combinato disposto di cui all’art. 1, comma 1, e allegato A n. 12) pertanto si prevede presto l’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Vale la pena osservare, comunque, che le disposizioni della direttiva si presentano sufficientemente precise, chiare ed incondizionate di guisa che gli operatori potrebbero già invocare i diritti che la stessa contempla.

 

[1] https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/moss-statistics-2019.pdf.

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