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Venerdì, 26 Gennaio 2018 11:17

La Corte di Giustizia si pronuncia sul caso Schrems

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Lo scorso 25 gennaio la Corte di Giustizia si è pronunciata sul Caso Schrems relativo alla competenza giurisdizionale nelle controversie promosse dall'utente di un social network ed il gestore della piattaforma, aderendo alle conclusioni dell'avvocato generale, delle quali avevamo già dato conto.

In sintesi, la causa principale riguardava la controversia promossa contro Facebook da un utente austriaco, attivista nel campo della tutela della privacy sui social network, in relazione all'illecito trattamento dei dati personali sul social network.

L'attore agiva non solo per far valere i diritti derivanti dalla violazione della propria privacy, ma anche per conto di altri utenti del social network, dai quali si era fatto cedere il credito risarcitorio derivante dall'illegittimo trattamento dei loro dati personali (cd. Class Action Austriaca).

La causa era stata promossa dinanzi alle autorità austriache - dove il sig. Schrems risiedeva - in base alla competenza giurisdizionale speciale prevista dall'art. 16 del regolamento n. 44 del 2001, secondo cui  "L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore."

Facebook, la cui succursale europea ha sede in Irlanda, contestava la competenza giurisdizionale del giudice austriaco per due diverse ragioni.

La prima, perché l'attore non poteva essere considerato un consumatore, posto che aveva utilizzato il proprio profilo personale anche per svolgere attività promozionale per la vendita delle proprie pubblicazioni in materia di privacy sui social network e per la promozione di conferenze da lui tenute a pagamento, e, più in generale, per la promozione della propria attività nel settore della tutela della riservatezza dei dati personali.

La seconda, perché l'attore non agiva soltanto per far valere il proprio diritto al risarcimento del danno, ma anche in qualità di cessionario di diritti cedutigli da altri consumatori, mentre la competenza speciale riconosciuta dall'art. 16 del regolamento "Bruxelles I" sarebbe stata applicabile soltanto per le controversie promosse personalmente dal consumatore.

Rispetto a tali questioni, la Corte di giustizia ha ritenuto che l'uso "promiscuo" dell'account di un social network non valga di per se a privare l'utente della propria qualità di consumatore, nelle cause relative al contratto concluso con il gestore della piattaforma. 

La Corte ha in particolare ritenuto che l'utente di tali servizi possa invocare la qualità di consumatore soltanto se l’uso essenzialmente non professionale di tali servizi, per il quale ha originariamente concluso un contratto, non ha acquisito, in seguito, un carattere essenzialmente professionale.

"Per contro, dato che la nozione di «consumatore» si definisce per opposizione a quella di operatore economico (v., in tal senso, sentenze del 3 luglio 1997, Benincasa, C‑269/95, EU:C:1997:337, punto 16, e del 20 gennaio 2005, Gruber, C‑464/01, EU:C:2005:32, punto 36) e che essa prescinde dalle conoscenze o dalle informazioni di cui una persona realmente dispone (sentenza del 3 settembre 2015, Costea, C‑110/14, EU:C:2015:538, punto 21), né le competenze che l’interessato possa acquisire nel settore nel cui ambito rientrano tali servizi, né il suo impegno ai fini della rappresentanza dei diritti e degli interessi degli utilizzatori di tali servizi lo privano della qualità di «consumatore» ai sensi dell’articolo 15 del regolamento n. 44/2001.

Un’interpretazione della nozione di «consumatore» che escludesse tali attività si risolverebbe, infatti, nell’impedire una tutela effettiva dei diritti di cui i consumatori dispongono nei confronti delle loro controparti professionali, compresi quelli relativi alla protezione dei loro dati personali. Un’interpretazione siffatta sarebbe in contrasto con l’obiettivo enunciato dall’articolo 169, paragrafo 1, TFUE di promuovere il loro diritto all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi."

Sulla seconda questione, la Corte di giustizia, facendo proprie le conclusioni già formulate dall'Avvocato generale, ha ritenuto che la competenza giurisdizionale speciale prevista dall'art. 16 del regolamento n. 44/2001 sia applicabile soltanto nelle ipotesi di azioni promosse personalmente dal singolo consumatore e non possa dunque trovare applicazione nel caso della "class action austriaca". Infatti, in queste fattispecie non si ravvisano quelle esigenze di tutela del consumatore in quanto parte debole del rapporto contrattuale con il professionista che giustificano la deroga agli ordinari criteri di giurisdizione previsti dal regolamento.

Si tratta di una sentenza di particolare rilievo attese le questioni che sottende.

 

 

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