Il 10 aprile (causa C-320/16) la Corte di giustizia dell’Unione europea si è nuovamente pronunciata su UberPop, il servizio di Uber che - mediante un’applicazione per smartphone - mette in contatto conducenti non professionisti ed utenti che desiderano effettuare spostamenti in area urbana. Mediante l’app, Uber fissa le tariffe, riceve dal cliente il prezzo della corsa (per poi rimetterne una parte al conducente) ed emette le relative fatture.
Per lo svolgimento di tale attività, in Francia Uber è oggetto di un procedimento penale ai sensi degli articoli L. 3120‑1 e seguenti del Code des transports, che puniscono con due anni di reclusione e 300.000 euro di pena pecuniaria l’organizzazione di sistemi che mettono in contatto clienti con persone che esercitano l’attività di trasporto in assenza delle debite autorizzazione.
L’art. 146 della Direttiva IVA annovera fra le operazioni esenti dall’IVA, ossia che rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’IVA ma che non sono imponibili, le cessioni di beni spediti o trasportati fuori dell’Unione Europea dal venditore o per suo conto. Le esportazioni non sono assoggettate all’IVA in applicazione del principio di destinazione, in base al quale l’imposta sul valore aggiunto dovrebbe essere riscossa nel paese in cui il prodotto viene consumato. L’esenzione dall’IVA è estesa anche alle prestazioni di servizi, compresi i trasporti e le operazioni accessorie, direttamente connesse alle esportazioni.
Il caso che ha dato origine alla pronuncia pregiudiziale della Corte di Giustizia in commento (C‑288/16) riguarda la Atek SIA, una società di trasporti e logistica che opera prevalentemente negli Stati baltici, e la società L.Č., entrambe aventi sede in Lettonia.