Il 10 maggio la Commissione europea ha reso note le risultanze finali dell’indagine conoscitiva avviata due anni fa in materia di commercio elettronico.
Per quanto concerne i beni di consumo, l’indagine conferma che nell’ultimo decennio l’e-commerce ha avuto un impatto significativo sulle strategie distributive delle imprese e sui comportamenti dei consumatori.
Il canale online ha accresciuto la trasparenza dei prezzi, consentendo tuttavia in alcuni casi comportamenti opportunistici negativi di free riding. L’accresciuta trasparenza ha anche accentuato la concorrenza in materia di prezzo, non sempre positiva per i consumatori quando avviene a discapito della qualità e dell’innovatività dei prodotti.
Sulla base delle informazioni acquisite nel corso dell’indagine, gli aspetti critici sui quali la Commissione intende concentrare la propria attenzione nel prossimo futuro riguardano:
- gli accordi di distribuzione selettiva, con particolare riferimento alle clausole che vietano al “distributore puro online” (che non possiede un punto vendita fisico - brick and mortar) di rivendere i prodotti, senza che il divieto sia giustificato da esigenze di tutela della qualità del prodotto o dell’efficienza del sistema di distribuzione;
- le clausole in materia di “prezzi consigliati” che, proprio grazie ai software per la comparazione delle offerte ed all’accresciuta trasparenza garantita nel web, possono tradursi nella imposizione ai distributori di prezzi minimi o fissi oppure in forme di collusione vietate dalle regole di concorrenza;
- i divieti di rivendita su marketplace per i quali, nell’attesa della sentenza della Corte di giustizia nel caso Coty Germany, la Commissione si riserva di intervenire in casi specifici, laddove il divieto assoluto di rivendita sul marketplace non risulti giustificato dalla situazione del mercato.