È stato pubblicato nella GUUE del 2 marzo il Regolamento (UE) 2018/302 recante misure volte a impedire i blocchi geografici ingiustificati (c.d. geoblocking) e altre forme di discriminazione basate sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti nell'ambito del mercato interno.
Il Regolamento si applicherà a decorrere dal 3 dicembre 2018 (art. 11). In vista dell’approssimarsi di tale scadenza, ciascuna impresa è tenuta ad esaminare l’impatto delle disposizioni in commento sul proprio modello di business, al fine di valutarne le ricadute sulle relazioni commerciali B2C. Vediamone in sintesi gli aspetti più rilevanti.
Ambito di applicazione
Il Regolamento si applica alle transazioni transfrontaliere aventi ad oggetto l’offerta, sia online che offline, di beni mobili materiali e/o servizi (definiti come ogni attività economica non salariata “fornita normalmente dietro retribuzione”) da parte di un “professionista” stabilito all’interno dell’UE o in un Paese terzo (cons. 4 e cons. 17) in favore di un “cliente” cittadino UE oppure residente o stabilito all’interno dell’UE. Rientrano nella nozione di “cliente” sia i “consumatori” (persone fisiche che agiscono per scopi estranei all’attività professionale) sia le imprese che acquistano o ricevono beni/servizi “al fine esclusivo dell’uso finale” (art. 2 definizioni).
Sono escluse dal campo di applicazione del Regolamento:
- le situazioni “puramente interne ad uno Stato membro, nelle quali tutti gli elementi rilevanti della transazione, in particolare la nazionalità, il luogo di residenza o il luogo di stabilimento del cliente o del professionista, il luogo di esecuzione, i mezzi di pagamento impiegati nella transazione o nell'offerta, nonché l'utilizzo di un'interfaccia online, siano limitati a un solo Stato membro” (cons. 7 e art. 1, par. 2 del Regolamento);
- le opere protette dal diritto d’autore ed i servizi audiovisivi “compresi quelli il cui principale obiettivo consiste nel fornire accesso alla trasmissione di eventi sportivi, e che sono forniti sulla base di licenze territoriali esclusive”.Tale esclusione dovrà essere oggetto di revisione da parte delle Istituzioni UE due anni dopo l’entrata in vigore del Regolamento (dunque a partire dal 2020) e successivamente ogni cinque anni (art. 9);
- i “servizi finanziari” (attività bancaria, credito, assicurazione ecc.) previsti dall’art. 2, par. 2 della Direttiva servizi 2006/123/EC (art. 2, par. 3 del Regolamento).
Con riferimento alle transazioni tra “professionista” e “cliente”, il Regolamento mira a vietare i “blocchi geografici ingiustificati e altre forme di discriminazione basate, direttamente o indirettamente, sulla nazionalità, sul luogo di residenza o di stabilimento dei clienti”. Per “blocco geografico” (geoblocking in senso proprio) il Regolamento intende i casi nei quali i professionisti, che offrono beni/servizi in un Paese UE, bloccano o limitano l’accesso alle proprie “interfacce online” (i.e. siti internet e applicazioni online) nei confronti di clienti di altri Stati membri. Oltre che al geoblocking, il Regolamento si applica anche alle “altre forme di discriminazione” che avvengono nelle transazioni sia online che offline (cons. 1 e art. 1, par. 1).
Blocco alle “interfacce online”
Ai sensi dell’art. 3, il professionista non può bloccare o limitare l’accesso del cliente alla propria “interfaccia online” (consistente, come abbiamo detto, nel sito internet e nelle applicazioni online) per motivi legati alla nazionalità, luogo di residenza o stabilimento del cliente stesso. Il professionista non può neppure reindirizzare il cliente ad una versione diversa della propria “interfaccia online” “a meno che il cliente non vi abbia esplicitamente acconsentito”. In caso di reindirizzamento con l’esplicito consenso del cliente, “la versione dell’interfaccia online del professionista cui il cliente desiderava accedere inizialmente deve restare facilmente accessibile al cliente in questione” (art. 3, co. 2 e cons. 20).
I citati divieti non si applicano qualora il blocco/limitazione/reindirizzamento sia necessario per garantire il rispetto di un “requisito giuridico” previsto dal diritto dell’Unione o dalle leggi degli Stati membri che, in conformità al diritto dell’Unione, limitino l’accesso dei clienti a determinati beni/servizi (art. 3 e cons. 21). In simili ipotesi, il professionista è comunque tenuto a fornire al cliente una chiara e specifica informativa in merito ai motivi del blocco/limitazione/reindirizzamento (art. 3, par. 3).
Condizioni generali di accesso a beni o servizi
Ai sensi dell’art. 4, il professionista non può applicare condizioni generali discriminatorie, quanto all’offerta dei beni/servizi, per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento di un cliente, “nelle situazioni in cui il cliente intende
a) acquistare da un professionista beni che sono consegnati in un luogo di uno Stato membro ove il professionista ne offre la consegna ai sensi delle sue condizioni generali di accesso o che sono ritirati presso un luogo concordato tra il professionista e il cliente in uno Stato membro in cui le predette condizioni generali di accesso offrono tale opzione;
b) ricevere da un professionista servizi tramite mezzi elettronici, diversi dai servizi che consistono principalmente nel fornire l’accesso a opere tutelate dal diritto d'autore o altri beni protetti, compresa la vendita di opere tutelate dal diritto d'autore o altri beni immateriali protetti, e nel permetterne l’uso;
c) ricevere da un professionista servizi diversi da quelli prestati tramite mezzi elettronici in un luogo fisico nel territorio di uno Stato membro in cui il professionista esercita la sua attività” (art. 4, par. 1).
Il divieto sancito dall’art. 4, par. 1, “non impedisce ai professionisti di offrire condizioni generali di accesso, ivi compresi prezzi di vendita netti, che siano diverse tra Stati membri o all'interno di uno Stato membro e che siano offerte ai clienti in un territorio specifico o a gruppi specifici di clienti su base non discriminatoria” (art. 4, par. 2). Anche laddove formulino offerte mirate per territori specifici o per gruppi di clienti, dunque, “i professionisti dovrebbero sempre trattare i clienti in modo non discriminatorio, indipendentemente dalla nazionalità, dal luogo di residenza o dal luogo di stabilimento” (cons. 27).
Discriminazioni relative ai mezzi di pagamento accettati dal professionista
Quanto ai mezzi di pagamento, ai sensi dell’art. 5 un professionista non può applicare condizioni discriminatorie per motivi connessi alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento di un cliente, all’ubicazione del conto di pagamento, al luogo di stabilimento del prestatore dei servizi di pagamento o al luogo di emissione dello strumento di pagamento all'interno dell’Unione, “se:
a) l'operazione di pagamento è effettuata tramite una transazione elettronica mediante bonifico, addebito diretto o uno strumento di pagamento basato su carta avente lo stesso marchio di pagamento e appartenente alla stessa categoria;
b) i requisiti di autenticazione sono soddisfatti a norma della direttiva (UE) 2015/2366; e
c) le operazioni di pagamento sono effettuate in una valuta accettata dal professionista”.
Rapporti tra il Regolamento e gli artt. 101 e 102 TFUE
Come chiarito in particolare dal cons. 34, il Regolamento non incide sull’applicazione delle norme in materia di concorrenza ossia l’art. 101 TFUE (che vieta le intese restrittive della concorrenza) e l’art. 102 TFUE (che vieta l’abuso di posizione dominante). Il Regolamento non pregiudica dunque la legittimità degli “accordi verticali” (tra produttori e distributori/rivenditori) che limitino le “vendite attive” (i.e. sollecitate dal professionista) nel rispetto dei requisiti di esenzione al divieto di cui all’art. 101 TFUE secondo quanto previsto dal Regolamento n. 330/2010/CE sugli accordi verticali.
Va tenuto presente che gli accordi verticali che prevedono divieti di “vendite passive” (i.e. non sollecitate dal professionista al quale il cliente si rivolge spontaneamente) sono considerati generalmente nulli ai sensi dell’art. 101 TFUE. Nel caso in cui gli accordi contenenti un divieto di vendite passive non incorrano nella nullità sancita dall’art. 101 TFUE, viene in rilievo il Regolamento sul geoblocking qui in commento: le pertinenti disposizioni di tali accordi, contenenti divieti di vendite passive, sono infatti “nulle di pieno diritto” ai sensi dell’art. 6 del Regolamento, se impongono ai professionisti l’obbligo di agire in violazione dei divieti di cui ai già citati artt. 3, 4 e 5 del Regolamento (relativi rispettivamente – come visto sopra – alle interfacce online, alle condizioni generali ed ai mezzi di pagamento).
La nullità sancita dall’art. 6 del Regolamento avrà una portata “retroattiva” in quanto si applicherà agli accordi conclusi prima del 2 marzo 2018, dopo che siano decorsi 24 mesi dalla data di entrata in vigore del Regolamento ossia dopo il 23 marzo 2020 (art. 11, par. 2).
Pacchetti combinati di beni/servizi
Il Regolamento contiene una particolare previsione concernente i pacchetti di servizi o di servizi/beni. A tal riguardo, prevede che “[q]ualora un professionista offra un pacchetto di vari servizi combinati tra loro o un pacchetto di beni combinati con servizi, e uno o più di tali servizi, se offerto su base individuale, rientri nell'ambito di applicazione del presente regolamento, mentre un altro servizio o altri servizi non vi rientri, tale professionista dovrebbe rispettare i divieti stabiliti dal presente regolamento per quanto riguarda il pacchetto nel suo insieme, o almeno fornire su base individuale servizi che rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento, se tali servizi sono offerti ai clienti da parte dello stesso professionista su base individuale. Il professionista che fornisca un servizio o un bene su base individuale al di fuori di un pacchetto dovrebbe rimanere libero di decidere il prezzo da applicare a tale servizio o bene al di fuori del pacchetto, purché non applichi prezzi differenti per motivi connessi alla nazionalità, al luogo di residenza o al luogo di stabilimento” (cons. 10 del Regolamento).
Attività di esecuzione demandate agli Stati membri
In quanto si tratta di un “regolamento” dell’Unione europea, l’atto in commento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri senza che occorrano misure nazionali di recepimento. Ciascun Paese membro è nondimeno tenuto a svolgere attività di esecuzione del Regolamento, consistenti nel:
- designare uno o più organismi responsabili dell’attuazione del Regolamento (art. 7, par. 1);
- definire le misure applicabili in caso di violazione del Regolamento (art. 7, par. 2);
- designare uno o più organismi competenti a fornire “assistenza pratica ai consumatori” in caso di controversie derivanti dall’applicazione del Regolamento (art. 8).