Nerbo dell’economia italiana, le PMI sono i soggetti produttivi che possono trarre i maggiori benefici dalla diffusione delle tecnologie digitali in termini di penetrazione globale dei mercati e di riduzione dei costi. Eppure, nel nostro Paese, in particolare le micro-imprese con meno di 10 addetti stentano ad investire nella costruzione di una propria “identità digitale”, sottostimando l’importanza di creare propri siti web e di interagire sulle piattaforme online. A dirlo è l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) nel report “I servizi di comunicazione nelle piccole e medie imprese: esperienze e prospettive” pubblicato il 1° marzo.
Secondo l’indagine condotta dall’AGCOM, le barriere che frenano le PMI italiane sono di tipo innanzitutto economico, per gli ostacoli all’accesso al credito, ma anche di tipo culturale, per la difficoltà di valutare i benefici che gli investimenti in tecnologia possono apportare al core business.
Per colmare il gap digitale, a sostegno del Piano nazionale industria 4.0, l’AGCOM ritiene necessaria l’adozione di politiche pubbliche combinate su due fronti: da un lato occorre agevolare l’accesso ai capitali, dall’altro occorre continuare nell’attività di alfabetizzazione ai linguaggi dell’innovazione digitale. Su questo secondo fronte, l’AGCOM cita quali esempi i progetti Angeli digitali di Confindustria Digitale ed Eccellenze in digitale e Crescere in digitale (frutto della collaborazione fra vari organismi fra i quali Google ed Unioncamere), a comprova del ruolo fondamentale che le aziende stesse e le loro associazioni assolvono nella transizione alla “quarta rivoluzione industriale” secondo logiche inclusive.