Lo scorso 18 maggio 2017 avanti alla Corte di Giustizia si è svolta l’udienza relativa alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di Cassazione italiana per ottenere chiarimenti circa il trattamento IVA dei servizi di trasporto inbound, ossia dagli spazi aeroportuali fino a destinazione all’interno di uno Stato membro, delle merci importate con la clausola “franco destino” (che si distingue dalla clausola “franco confine” in quanto le spese di trasporto sul territorio nazionale sono incluse nella base imponibile in dogana).
Il rinvio trae origine dalla controversia fra la società FEDERAL EXPRESS EUROPE INC. (FedEx), filiale italiana della multinazionale FedEx Corporation, e l’Agenzia delle Entrate, la quale aveva contestato alla contribuente di non aver assoggettato ad IVA le spedizioni di documenti e beni importati di valore inferiore ad euro 22, eseguite in favore dei destinatari sul territorio italiano nel periodo d’imposta 2007.
L’accertamento fiscale, dichiarato illegittimo sia dalla CTP di Milano che dalla CTR della Lombardia, si fonda su un’interpretazione della Direttiva IVA che la Commissione Europea ha già fermamente respinto, avviando a carico dell’Italia la procedura di infrazione n. 2012/2088 e costringendo quest’ultima ad emendare il decreto IVA (D.P.R. n. 633/1972) nella parte in cui recepisce le disposizioni europee sul trattamento fiscale dei servizi di trasporto accessori all’importazione di beni.
Al fine di comprendere la rilevanza dell’attesa pronuncia della Corte di Giustizia, occorre richiamare il quadro normativo europeo e confrontarlo con le norme nazionali vigenti nel 2007 e con quelle vigenti attualmente, in seguito alle modifiche introdotte dalla Legge Europea 2014 (L. 115/2015).
Il regime IVA dei servizi di trasporto connessi all’importazione di beni da Paesi terzi si ricava dal combinato disposto degli artt. 86 e 144 della direttiva IVA n. 112/2006.
L’art. 86, par. 1 stabilisce che la base imponibile su cui calcolare l’IVA da riscuotere in dogana all’atto dell’importazione comprende anche le spese accessorie di trasporto fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro di importazione, oppure verso un altro luogo (già noto al momento dell’importazione) situato nel territorio della Comunità[1].
In ragione di ciò, l’art. 144 obbliga gli Stati membri ad esentare dall’IVA le prestazioni di servizi connesse con l’importazione di beni, il cui valore è già compreso nella base imponibile ai sensi della suddetta disposizione dell’art. 86 par. 1 lett. b)[2].
La ratio dell’art. 144 sembra essere quella di evitare una duplicazione d’imposta, ossia che i servizi di trasporto di merci importate da Paesi terzi siano assoggettati ad IVA due volte, prima in sede di sdoganamento delle merci (essendo il loro valore inglobato nella base imponibile), poi all’atto della prestazione del servizio di trasporto in quanto tale.
Ebbene, la Corte di Giustizia è chiamata a chiarire il significato di tali disposizioni in quanto l’art. 144 della dir. IVA non distingue secondo che le prestazioni di trasporto di merci siano accessorie a importazioni soggette ad IVA oppure a importazioni esenti da IVA.
Ai sensi dell’art. 143 della dir. IVA, fra le operazioni esenti da IVA rientrano le importazioni definitive di beni disciplinate dalle direttive 69/169/CEE, 83/181/CEE e 2006/79/CE del Consiglio (art. 143, par. 1 lett. b).
Segnatamente, la dir. 2009/132/CE (che ha sostituito la direttiva 83/181/CEE), precisa che sono ammesse in esenzione le importazioni di beni di valore trascurabile - eccettuati taluni prodotti come gli alcolici, i profumi e i tabacchi - ossia di valore totale non superiore ad euro 10, innalzabile dagli Stati membri fino a 22 euro[3].
In Italia, tali disposizioni, prima della Legge Europea 2014, risultavano trasposte nell’art. 9, co. 1 nn. 2 e 4 e nell’art. 69 del Decreto IVA.
L’art. 69, co. 1, in attuazione dell’art. 86 della dir. IVA, prevede che l’imposta IVA da applicare ai beni importati sia commisurata al loro valore determinato ai sensi delle disposizioni in materia doganale, aumentato - oltre che dell'ammontare dei diritti doganali dovuti, ad eccezione dell’IVA - dell'ammontare delle spese di inoltro fino al luogo di destinazione all'interno del territorio della Comunità.
L’art. 9 elenca i servizi internazionali (o connessi ai servizi internazionali) non imponibili includendo i trasporti di beni in importazione i cui corrispettivi sono assoggettati all'imposta a norma dell'art. 69 co. 1 e i servizi di spedizione relativi a tali trasporti.
Sulla base di tali disposizioni, l’Agenzia delle Entrate sostiene che le prestazioni di trasporto di merci importate da Paesi terzi in regime di esenzione, come per l’appunto i documenti e i beni di valore inferiore a 22 euro, vanno assoggettate ad IVA. In altri termini, i corrispettivi dei servizi di trasporto accessori alle importazioni di beni sono esenti da IVA esclusivamente quando all’atto dell’importazione l’IVA è stata assolta.
Tale interpretazione restrittiva dell’art. 144 della dir. IVA, e più svantaggiosa per i prestatori dei servizi di trasporto inbound, è adottata dal Fisco Italiano in relazione alle prestazioni eseguite fino all’entrata in vigore dell’art. 12 della Legge Europea 2014 (L. 115/2015).
Al fine di ottenere l’archiviazione della Procedura di infrazione avviata dalla Commissione per l’incompatibilità dell’art. 9 del D.P.R. 633/1972 con gli artt. 143 e 144 della dir. IVA, infatti, il legislatore italiano ha dovuto aggiungere alla lista dei servizi internazionali non imponibili la disposizione 4-bis) e chiarire che i servizi di trasporto inbound, accessori alle importazioni da Paesi terzi con clausola “franco destino”, sono esenti da IVA anche se le importazioni non sono state assoggettate ad IVA[4].
Considerate le premesse e tenuto conto del fatto che le importazioni di documenti e di beni di valore trascurabile sono esenti da IVA per una esigenza di semplificazione che certamente è estendibile anche alle prestazioni di trasporto degli stessi, si presume che la Corte di Giustizia fornirà un’interpretazione degli artt. 86 e 144 della direttiva IVA in linea con l’orientamento della Commissione e quindi con l’attuale disposto dell’art. 9 co. 1 n. 4) bis del Decreto Iva.
[1] Art. 86 dir. 112/2006: “1. Devono essere compresi nella base imponibile, ove non vi siano già compresi, gli elementi seguenti:..(Omissis)..b) le spese accessorie quali le spese di commissione, di imballaggio, di trasporto e di assicurazione, che sopravvengono fino al primo luogo di destinazione dei beni nel territorio dello Stato membro d'importazione, nonché quelle risultanti dal trasporto verso un altro luogo di destinazione situato nella Comunità, qualora quest'ultimo sia noto nel momento in cui si verifica il fatto generatore dell'imposta. 2. Ai fini del paragrafo 1, lettera b), si considera «primo luogo di destinazione», il luogo che figura sulla lettera di vettura o su qualsiasi altro documento sotto la cui scorta i beni sono introdotti nello Stato membro d'importazione. In mancanza di tale indicazione, si considera primo luogo di destinazione il luogo della prima rottura di carico in detto Stato membro”.
[2] Art. 144 dir. 112/2006: “Gli Stati membri esentano le prestazioni di servizi connesse con l'importazione di beni e il cui valore è compreso nella base imponibile, conformemente all'articolo 86, paragrafo 1, lettera b)”.
[3] Inoltre, la dir. 2006/79/CE del 5 ottobre 2006 prevede una franchigia dall’IVA, oltre che dalle altre imposte indirette interne, per l’importazione di merci oggetto di piccole spedizioni prive di carattere commerciale da un privato in un Paese terzo ad un privato che si trovi in uno Stato membro. Ai sensi dell’art. 1, par. 2, si considerano tali le spedizioni che soddisfano cumulativamente le seguente condizioni: “a) presentano carattere occasionale; b) riguardano esclusivamente merci riservate all'uso personale o familiare dei destinatari e che, per la loro natura o quantità, escludano qualsiasi interesse di ordine commerciale; c) riguardano merci il cui valore globale non superi 45 EUR; d) sono inviate dallo speditore al destinatario senza pagamento di alcun genere”.
[4] Art. 9, co. 1, D.P.R. n. 633/1972: “Costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili:…(omissis)…(4-bis) i servizi accessori relativi alle piccole spedizioni di carattere non commerciale e alle spedizioni di valore trascurabile di cui alle direttive 2006/79/CE del Consiglio, del 5 ottobre 2006, e 2009/132/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, sempreché i corrispettivi dei servizi accessori abbiano concorso alla formazione della base imponibile ai sensi dell'articolo 69 del presente decreto e ancorché la medesima non sia stata assoggettata all'imposta”.